SUL DEMIURGO
Secondo gli scritti di Plotino, la creazione è avvenuta attorno ad un Dio immo- bile al centro di essa, senza volontà né consenso: come la luce che emana dal Sole, o il calore che si spande attorno al fuoco, così la creazione è ema- nata da Lui, come un profumo emanato da un corpo odoroso.
E così come la luce emanata dal Sole è meno luminosa del Sole stesso, e il calore irradiato è meno caldo della fiamma, così la creazione non può avere né la perfezione né l’unità di Dio, ma degrada sempre più verso l’imperfezio- ne e la molteplicità.
L’emanazione altro non è che il concetto aristotelico del pensiero di pensiero: il pensiero che l’Uno pensa di sé, il Nous.
Questa prima emanazione, detta anche Intelletto, o Logos, è l’immagine più vicina a Dio, ma ciononostante è inferiore ad Esso, in quanto molteplice, distinta dal soggetto che pensa, è oggetto pensato. Non è che il luogo platonico delle idee, o l’Iperuranio.
Dall’Intelletto procede la seconda emanazione di Dio, l’Anima del mondo, che
è oggetto dell’Intelletto, così come l’Intelletto era oggetto dell’Uno; l’Anima guarda all’Intelletto da cui proviene con la sua parte superiore, e pensa; guarda a sè stessa e si conserva; guarda a quello che è inferiore a sé e lo ordina, lo governa e lo regge, come Provvidenza.
Dio e le due prime emanazioni costituiscono il mondo intelligibile. Questo, tut- tavia, è ben distinto dal mondo corporeo, o meglio non ne è che l’Ordine e la Legge. Il principio da cui deriva il mondo sensibile è la materia, elemento più basso, peggiore e più lontano da Dio.
La materia è vivificata dalle singole anime, parti indivisibili dell’Anima universale, che producono l’unità e la sympatheia di tutte le cose, che condividendo la stessa anima, sono come parti di uno stesso corpo.
Il Demiurgo altri non sarebbe, quindi, che l’Anima universale, che ha potere sulla materia; e la stessa è vivificata dalle anime singole, che sono tuttavia parti indivisibili del Demiurgo stesso.
Questo concetto viene ripreso, più diffusamente, nel Poimandres, testo contenuto nel Corpus Hermeticum. Dio, Luce suprema e Intelletto supremo, è in cima alla scala planetaria dei sette gradini che conduce fino alla Natura; sotto di lui il suo primogenito, il Logos , ed il suo secondogenito, consustanziale rispetto al Logos, l’Intelletto (il Demiurgo).
Il Demiurgo, o Giudizio, agisce sull’oscurità, e costruisce un mondo ordinato secondo i dettami della Luce, o Volontà.
Il terzogenito di Dio, l’Anthropos o Uomo Spirituale, è persuaso dalla Passio- ne, e deciso a seguire i passi del Demiurgo; dopo aver disceso le sette sfere celesti, ed avendone ricevuto le Potenze, arriva al cielo della Luna, dal quale si innamora della Natura, o meglio si innamora della propria immagine riflessa dalla Natura (dall’acqua); il desiderio di congiungersi ad essa è tale che esso cade, originando l’Uomo, creatura spirituale e materiale.
Il mondo materiale in cui l’Uomo è caduto è la totalità del Male, contrapposto al Bene, Dio; l’unica salvezza, per esso, è quello di liberarsi dalla materia e l’unico modo per farlo è quello di conoscere sé stesso, comprendere che la sua vera natura non è nella Materia, ma nell’Intelletto. E poiché l’Intelletto è parte di Dio, l’unica salvezza a cui possa aspirare l’uomo è quella di ricono- scere in sé stesso Dio.
Per liberarsi dalla materia, l’uomo deve raggiungere il telos. Esso è necessa- riamente la morte, ma non quella fisica: il trionfo dell’intelletto sulla materia, la morte dell’uomo imperfetto con l’esaltazione dell’Uomo perfetto, che si ricongiunge all’Anima del mondo ed all’Intelletto divino, divenendone tutt’uno.
Prendendo maggiore consapevolezza di sè, imparando a conoscersi, l’Uomo può morire spiritualmente più volte, superando le catene che si è costruito, e spogliandosi delle Potenze che aveva acquisito nella sua discesa lungo i set-
te scalini; raggiunto l’ottavo cielo, di puro etere, manterrà solo la sua Potenza pura, e potrà “entrare in Dio”.
Il concetto di catarsi mediante la conoscenza della vera natura di sé stessi (VITRIOL) è alla base della nostra esperienza massonica. Ci viene sin da subito mostrata la luce nel buio del gabinetto di riflessione, ma noi continuiamo a chiederla; non perché non ne abbiamo, ma perché non siamo in grado di vederla.
I nostri occhi si aprono lentamente; nel nostro cammino noi non sappiamo parlare, siamo pietra grezza, e dopo aver lasciato proni la materia più infima, la Terra, veniamo mondati dalla Natura (Acqua, Aria, Fuoco) affinché la nostra Anima si risvegli.
Presa coscienza della presenza in noi di qualcosa di superiore, dobbiamo lavorare per farlo emergere; non sappiamo ancora cosa sia, prenderà forma solo col tempo. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di eliminare le sco- rie che ancora ci portiamo dietro dalla nostra vita da profani. Dobbiamo inizia- re a salire la scala che ci riavvicina a Dio, e percorrere i primi tre gradini.
Quando il nostro spirito sarà abbastanza leggero, sarà il momento di iniziare a lavorarlo; è il momento della levigatura. Dovremo perdere le Potenze che depauperano il nostro spirito, per poter aspirare a riprendere il nostro posto nel mondo intelligibile.
La gnosi spaventa l’uomo: essa è terribile in quanto ci permette di raggiunge-
re la libertà, privandoci nel contempo di ogni certezza. Nel mondo fuori dal Tempio, ci aspettano elementi conoscibili e misurabili, confronti e scontri con esseri diversi da noi e facilmente identificabili.
Nel Tempio no: noi siamo Fratelli, e come tali condividiamo qualcosa. Durante
i lavori, non siamo entità distinte, ma parti di uno stesso corpo, siamo anime della stessa Anima. Questa somma Libertà, nell’Uguaglianza e nella Fratellanza, ci porta a concentrarci su qualcosa dove nessun altro potrà arrivare a darci certezze o giuste interpretazioni: noi stessi.
Seguendo un difficile cammino tracciato lungo i secoli, attraverso i simboli ed i rituali, riusciamo lentamente a scavare dentro noi stessi, rimuovendo le sco- rie e portando alla luce la nostra vera essenza. Quella di essere esseri divini, creati da Dio a sua immagine e somiglianza, ma ancora creatori a nostra vol- ta; permeati dalla Vita e dalla Luce, che in noi sono anima ed intelletto; e volti a quei concetti assoluti, presenti solo al termine della scala.
La paura ci ha portato ad aggrapparci all’ignoranza, elevando a volte una par- te (il Demiurgo) alla dignità del tutto (Dio); a volerci sottomettere a questo, ciecamente e privi di volontà, come se il nostro annullarci nel mondo mortale potesse essere il fine delle nostre anime immortali.
Concludo citando un pensiero di Guenon, tratto da “La Gnose” del 1909: “Da questa breve esposizione per sommi capi e molto incompleta, risulta che il Demiurgo non è affatto una potenza esteriore all’uomo: non è che la stessa volontà dell’uomo allorquando realizza la distinzione tra il
Bene ed il Male. Ma in seguito, limitato in quanto essere individuale da quella volontà che in realtà è la sua, l’uomo la ritiene come qualcosa di esteriore, e così essa diventa distinta da lui, non solo, ma opponendosi essa agli sforzi che l’uomo compie per uscire dal dominio in cui s’è egli stesso racchiuso, egli la considera come una potenza ostile, e la chiama Shaitan, l’Avversario. Facciamo notare, del resto, che questo Avversa- rio, che noi stessi abbiamo creato e che creiamo ad ogni istante (infatti non si deve pensare che la cosa si svolga in un tempo o in un luogo determinato) non è affatto cattivo in se stesso, ma è solamente l’insieme di tutto ciò che ci è contrario.”
IDENTIFICAZIONE SACRA DEL TEMPIO Per quale scopo ci riuniamo ?