Matteo Ricci

PADRE MATTEO RICCI

Matteo Ricci nasce da una nobile famiglia a Macerata il 6/10/1552.
Nel 1561 inizia a frequentare per volere della famiglia il Collegio dei Gesuiti.
Nel 1568 viene inviato dal padre a Roma per studiare giurisprudenza all’Università La Sapienza.
In realtà la facoltà di giurisprudenza è presente anche a Macerata ma lo stato di precarietà economica in cui versa l’Università di Macerata e le ambizioni del padre inducono la famiglia ad inviare Matteo a Roma.
Il giovane Matteo Ricci viene attratto dagli ideali e dalle attività dei gesuiti tanto che entra nella Compagnia di Gesù nel 1571.
Ricordo a me stesso che la Compagnia di Gesù è il più grande istituto religioso della Chiesa cattolica ed è stata fondata nel 1534 da un gruppo di sei studenti guidati da Ignazio di Loyola.
Entrato nel Collegio dei Gesuiti a San Andrea al Quirinale segue i corsi di retorica e filosofia ma soprattutto frequenta i corsi di matematica, astronomia, geometria e cosmografia sotto la guida dello scienziato tedesco Padre Cristoph Clavius.
In quel periodo Matteo Ricci matura la decisione di dedicarsi all’attività missionaria.
In particolare Padre Alessandro Valignano che si occupa delle missioni gesuitiche in Oriente decide di preparare alcuni uomini per l’inizio delle missioni cattoliche all’interno della Cina.
Padre Valignano designa per questo compito Matteo Ricci e Michele Ruggieri.
Matteo Ricci arriva pertanto a Goa, avamposto portoghese sulla costa indiana dove viene ordinato sacerdote nel 1580 e nel 1582 parte per la Cina.
Ricci sbarca inizialmente a Macao nella Cina meridionale, essendo il resto del paese proibito agli stranieri.
A Macao Padre Matteo Ricci si dedica all’apprendimento della lingua e dei costumi cinesi.
Nella prima fase della sua permanenza in Cina Padre Matteo Ricci indossa l’abito dei bonzi buddisti perché è convinto che così facendo si sarebbe accreditato come uomo di religione.

Poi si rende conto, con il tempo, che nella società cinese la concezione religiosa è diversa da quella occidentale in quanto i bonzi o monaci buddisti vivono al margine della società tanto che anche gli stessi luoghi di culto sono ubicati fuori dai centri abitati.
Per compiere una vera e propria opera di evangelizzazione e portare la propria testimonianza religiosa nel cuore della società Padre Matteo Ricci, a partire dal 1594 adotta l’abito dei letterati confuciani, meglio conosciuti come mandarini.
Padre Matteo Ricci cambia anche stile di vita non dice più la messa in pubblico, non tiene sermoni ma si dà alle conversazioni private aventi ad oggetto argomenti letterari e curiosità scientifiche più che argomenti religiosi.
Si fa crescere barba e capelli e negli spostamenti utilizza una portantina e si fa accompagnare da due o tre servitori.
Così facendo riesce ad accreditarsi con i personaggi più in vista della burocrazia e della corte cinesi che in principio non lo avevano considerato per la poca stima che nutrivano verso coloro che vestivano l’abito di bonzo buddista.
Giunge a Nanchino dove mettendo a frutto le sue conoscenze scientifiche traduce gli Elementi di Geometria di Euclide, produce la sua opera cartografica che fu intitolata Grande Mappa dei Diecimila Paesi che unisce le conoscenze geografiche dei cinesi con quelle degli occidentali e scrive un dizionario portoghese-cinese.
Nell’avvicinarsi agli uomini di cultura cinesi Padre Matteo Ricci professa una schietta ammirazione per la Cina ma nello stesso tempo lascia intravedere ai cinesi che c’e qualcosa che può insegnare che essi non conoscono.
A Nanchino Padre Matteo Ricci è ben accolto e riesce a fare amicizia con personalità governative ed uomini di cultura e getta le basi per il suo arrivo a Pechino.
Grazie alle raccomandazioni dei suoi amici di Nanchino Padre Matteo Ricci riesce ad ottenere l’autorizzazione per giungere a Pechino dove in effetti arriva nel gennaio del 1601.
L’imperatore in persona Wanli accoglie Padre Matteo Ricci o Li Madou come viene ribattezzato in Cina.
L’imperatore permette a Ricci di aprire una chiesa e di essere sostentato a spese dello Stato.
Padre Matteo Ricci viene invitato con molta frequenza a palazzo imperiale e viene considerato non più come un curioso straniero ma come uno dei più ragguardevoli mandarini.
In questo periodo si diffonde la fama di Padre Matteo Ricci come uomo saggio e mite che rispetta gli usi ed i costumi locali.

Questa fama gli consente di dare impulso alla sua opera di evangelizzazione.
L’evangelizzazione di Padre Matteo Ricci è molto diversa da quella perseguita dai missionari spagnoli o portoghesi nel centro e sud America
Il metodo evangelico perseguito dal Ricci è improntato al gradualismo perché non è teso soltanto alla pura quantificazione cioè ad ottenere il maggior numero di battezzati.
La sua opera di evangelizzazione si preoccupa di penetrare nel vivo della cultura originaria cinese per valorizzare tutto ciò che avrebbe permesso di far comprendere l’annuncio del Vangelo.
Il suo è un metodo di adattamento, è un farsi cinese con i cinesi per incarnarsi all’interno della cultura cinese al fine di individuare i punti da cui partire per l’annuncio del Vangelo.
Lo scopo perseguito da Padre Matteo Ricci non è il sincretismo tra le due culture, quella occidentale e quella cinese.
Egli procede ad una vera e propria inculturazione in quanto gli elementi essenziali dell’annuncio cristiano non vengono imposti dal di fuori come qualcosa di estraneo ma vengono fatti derivare dalla stessa tradizione culturale cinese.
Inculturazione intesa come inserimento del messaggio cristiano nella cultura cinese senza sovrapposizioni o imposizioni.
In pratica quando Ricci trova nelle tradizioni cinesi delle nozioni prossime ai concetti cristiani le utilizza per introdurre i suoi uditori e lettori alla verità della fede cristiana.
Per applicare il suo metodo di evangelizzazione il Ricci studia così profondamente gli usi, i costumi e la società cinese da poter essere considerato come il padre della sinologia.
L’ultima opera pubblicata dal Ricci nel 1608 a Pechino è intitolata Dieci Paradossi ed è un opera di filosofia morale.
Sono dieci capitoli in cui l’autore riproduce altrettante conversazioni con intellettuali cinesi su svariati argomenti come sul significato del tempo, della ricchezza, del digiuno, della meditazione, del silenzio.
Il primo capitolo è intitolato “ Non si deve credere erroneamente di possedere ancora gli anni trascorsi” e riporta il dialogo tra Padre Matteo Ricci ed un Ministro cinese.
Al Ministro che chiede a Padre Matteo Ricci quanti anni avesse il Ricci, che sta per compiere cinquant’anni, risponde: “ Non ho più cinquant’anni”.
Al ministro che gli chiede spiegazioni per quella risposta il Ricci risponde “Siccome gli anni sono già passati e non so dove si trovino adesso, non oserei dire che li ho ancora”.

Questo breve stralcio di un’opera del Ricci permette di comprendere appieno la profondità del suo pensiero.
La concezione temporale del Ricci infatti prevede che ogni volta che tramonta il sole ed il giorno è completamente trascorso la nostra vita ha un giorno in meno da vivere.
Nel 1609 Padre Matteo Ricci dà inizio ai lavori di costruzione della prima chiesa pubblica di Pechino ma purtroppo muore prima che questa fosse terminata.
Infatti l’11 maggio 1610 Padre Matteo Ricci muore a Pechino e per la prima volta gli viene tributato un onore mai concesso ad uno straniero.
Viene infatti proclamato dall’Imperatore il lutto cittadino e le sue spoglie vengono sepolte in quello che è ora il Comitato Municipale della Scuola di Pechino.
Sulle mura della Città Imperiale di Pechino sorge ancora oggi un antico osservatorio astronomico, contenente alcuni strumenti disegnati dallo stesso Ricci, a cui è stato dato il nome di Matteo Ricci.
L’11/5/2010 ricorreranno i quattrocento anni dalla morte di Padre Matteo Ricci e l’anniversario verrà ricordato tanto in Italia che in Cina.
È stato creato un apposito comitato per i festeggiamenti.
Purtroppo occorre rilevare che la maggior parte delle persone quando pensano ad un italiano nella lontana Cina fanno riferimento a Marco Polo il mercante veneziano che, nel 1300 circa, raggiunse la Cina, le cui avventure sono narrate nel Milione.
Nonostante non goda della stessa luce, la figura di Padre Matteo Ricci è di gran lunga più importante avendo conseguito il merito di avvicinare Oriente ed Occidente, anche dal punto di vista religioso, tollerando le diversità culturali.
L’opera di avvicinamento di due mondi così diversi nel rispetto delle reciproche peculiarità costituisce un’ analogia con la nostra Istituzione.
Infatti la credenza in un Essere Supremo rappresenta uno degli antichi doveri così come classificati dall’Anderson nelle Costituzioni del 1723.
L’Essere Supremo viene identificato dalla Massoneria come il Grande Architetto dell’Universo senza, però, scendere nel merito delle definizioni.
Ciò permette agli uomini di diversi fedi di unirsi nella preghiera a Dio così come ognuno lo concepisce senza che i termini utilizzati possano provocare dissensi e incomprensioni.
Non c’è un Dio massonico, ogni libero muratore può restare fedele al Dio della fede professata e credere contemporaneamente al Grande Architetto dell’Universo.

La tolleranza massonica si manifesta nel riconoscere a ciascun fratello il diritto di interpretare e denominare in modo differente la realtà spirituale pur sussistendo il vincolo per i liberi muratori di credere in Dio.
Vorrei chiudere la mia tavola formulando un interrogativo che potrebbe essere alla base della discussione successiva alla mia relazione
Il rispetto della diversità culturale e religiosa è la cifra comune di tutta l’opera di evangelizzazione del Ricci.
Contestualizzando il metodo ricciano in un’epoca, come la nostra, caratterizzata da migrazioni di persone di differenti confessioni, secondo Voi è possibile conseguire l’integrazione pacifica dei cittadini mantenendo le reciproche peculiarità religiose?
III mese dell’anno di VL 6009

R.:L.: Resurrezione 144 all’Oriente di Civitanova. e lo spirito che la anima.

R.:L.: Resurrezione 144 all’Oriente di Civitanova. È lo spirito che la anima.
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