L'APOCALISSE E LA SFIDA OVVERRO, UN MONITO UNA SPERANZA
Tavola del giorno II del mese X dell’anno di V.·. L.·. 6005
La nostra è una società drammaticamente attratta dall’Apocalisse. E’ una società che corre verso l’Apocalisse. Ma la sua non è la grande Apocalisse storica, l’evento straordinario tramandato dai Testi Sacri che tutto muta, che tutto rivolge. Non è l’evento che azzera il tempo, cancellando ogni cosa ed istaurando un’altra età: l’aurea età sperata dagli uomini, annunziata dai profeti e promessa dai Salvatori. E’ piuttosto un’Apocalisse quotidiana: anzi una serie di piccole apocalissi giornaliere. Basta aprire il giornale, seguire i radiogiornali o i telegiornali per averne una lucida immagine.
L’uomo và a grandi passi verso la sua distruzione: viola la natura, infrange ogni norma biologica, mina all’interno e all’esterno la sua salute psicofisica, si compiace dell’altrui dolore, specula sui bisogni altrui morali e materiali, inganna e si inganna, froda i fratelli senza sapere di frodare se stesso, costruisce ingannevoli realtà che spaccia per vere. Il tutto in un crescendo, ritmato da guerre, violenze, crudeltà che inquinano – nell’età del progresso – quella che dovrebbe essere una più alta coscienza di sé, una più completa e matura fiducia nell’umanità. I fatidici “quattro cavalieri” dell’Apocalisse di Giovanni hanno le nostre sembianze e annunciano catastrofi – apocalissi – che noi vogliamo, che noi provochiamo.
Sono apocalissi che, però, passano quasi in secondo piano, distolti come siamo dalle occupazioni, dai minuti piaceri, dalle ansie, dalle nevrosi, dal desiderio per il potere, per il denaro, per il possesso, che ci avvitano in una spirale senza fine, una spirale a cui non si vuole sfuggire. Sono apocalissi a cui, talvolta, rivolgiamo – per un attimo – l’attenzione, per poi, intimoriti ed infastiditi, ritrarci pensando ad altro. L’alternativa è rifugiarsi nelle solite miserie che tanto seducono gli uomini, che tanto li avvincono nella loro pochezza, ma che sembrano antidoti ad una paura che non si vuole provare, ad una scelta che non si vuole compiere, ad un dovere troppo impegnativo per essere realizzato. Queste miserie, queste seduzioni, in realtà, ripropongono in maniera accattivante l’apocalisse o le apocalissi che si vorrebbero evitare (o quanto meno non conoscere), creando un gorgo che trascina l’uomo e l’umanità sempre più in basso: nell’abisso insondabile del nulla.
E’ il nulla, infatti, l’essenza di queste moderne apocalissi che non hanno neppure il privilegio di avere dinanzi – come nel passato – la figura antinomica dell’Anticristo o l’immagine del giudizio ultimo, con la conseguente speranza di essere tra gli eletti e non tra i reprobi.
Il nulla non ha Signori, non ha giudizio, colpe e condanne. E’ semplicemente il vuoto, l’assenza di senso, il buio primordiale, il caos, la morte psicologica e spirituale. E questa è certo una realtà terrorizzante di cui siamo gli artefici.
Il nostro mondo, la nostra cultura hanno, infatti, secolarizzato tutto, hanno azzerato ogni religione, ogni grande sistema di valori, ogni tensione morale ed umanitaria e hanno, infine, secolarizzato anche se stessi in una insensata volontà prometeica. Una volontà dimentica, tuttavia, che Prometeo aveva pur sempre come antagonista Zeus e, quindi, poteva comunque sperare in una via d’uscita o quanto meno in un rapporto dialettico, difficile, ma possibile. Oggi, questo è improponibile ed impensabile. Sembra, dunque, che – nel terzo millennio dell’era cristiana – non ci sia via d’uscita e che la malattia apocalittica sia destinata a diffondersi, sull’onda della globalizzazione anche fuori dai confini dell’Occidente, anche laddove sembrano ancora essere vive ed operanti la vita e la spiritualità.
Eppure l’antica Sapienza ci invita a non disperare mai : è noto che ogni veleno può trasformarsi in antidoto. E’ possibile risalire la china e ritrovare in un nuovo modo di concepire l’uomo una rinata completezza spirituale. Si tratta soltanto di avere fiducia nelle forze insondabili che abitano le segrete dell’animo umano : si tratta di credere – malgrado tutto – in quella scintilla divina che è presente in ciascun Uomo.
Scintilla che attende di essere alimentata per poter divampare come un fuoco, per poter diventare la luce accecante che brilla nel buio del nulla.
Si tratta, allora, di lavorare al perfezionamento di sé stessi e dell’umanità secondo una formula vecchia ma sempre nuova: il “conosci te stesso”. Conoscere se stessi, esplorare con coraggio i nostri limiti, comprendere i nostri lati oscuri, vincerli non negandoli, ma integrandoli in una più alta visione equivale ad un rinnovamento totale. Paradossalmente equivale ad un’Apocalisse vera e reale. Ma questa è un’Apocalisse, per così dire, “omeopatica”. E’ una trasformazione radicale che ha il potere di mutare chi la attua e anche coloro che vi assistono, che ha il potere, aurorale, di inaugurare un nuovo modo di essere. Certo, tutto questo comporta un costo, ha un prezzo : ed è un prezzo elevato. Coincide con la morte simbolica del “vecchio uomo” che è in noi e con la nascita dell’ “uomo nuovo”. Coincide con l’abbandono di quanto è superfluo e l’acquisizione dell’essenziale. Significa, in fondo, “diventare se stessi”, accoppiando il coraggio del cavaliere medievale all’avvedutezza e alla pacatezza del saggio.
Naturalmente, questo è un cammino lungo e faticoso: è una strada irta di pericoli e di insidie, dove è facile scambiare la realtà con il miraggio, dove la superbia può rivelarsi il più pericoloso avversario. Ma questa è la sfida dell’oggi: questa è la sfida apocalittica che attende tutti coloro che si proclamano liberi e di buona volontà. La vittoria non è assicurata, ma l’alternativa, apocalittica, è senza alcun dubbio certa: è la definitiva distruzione dell’Uomo e dell’Umanità.