Giosuè Carducci

GIOSUE’ CARDUCCI: IL PROFILO PROFANO E QUELLO MASSONICO

“Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”.
Questa è la motivazione con la quale l’Accademia di Svezia nel 1906 ha conferito a Giosuè Carducci il premio Nobel per la letteratura, il primo ad un italiano.

Solo per curiosità ricordo che il 1906 è stato un anno fecondo per l’Italia in quanto un altro italiano è stato insignito del premio Nobel: il dr. Camillo Golgi, premiato per i suoi studi sul sistema nervoso.
Mi è sembrato opportuno proludere questa tavola con la fase che possiamo considerare l’apice della carriera del Carducci.

Ritengo, inoltre, che per comprendere appieno il profilo massonico del Carducci non si possa prescindere dall’analisi dei momenti peculiari della sua vita profana, contrassegnata purtroppo da gravi lutti.
Giosuè Carducci nacque il 27 luglio 1835 a Valdicastello una frazione di Pietrasanta in provincia di Lucca.

Il padre, Michele, esercitava la professione di medico condotto ed era un fervente mazziniano mentre la madre Ildegonda Celli, era una donna generosa e molto devota che seguiva il marito nei vari trasferimenti da una condotta all’altra.
A soli venti anni, si laureò in filosofia e filologia alla Regia Scuola Normale di Pisa.

Nel 1856 ottenne il suo primo incarico ufficiale come professore di retorica presso una Scuola di San Miniato.
Le sue idee rivoluzionarie e mazziniane, nonché alcuni discorsi di impronta ateistica lo resero inviso alle autorità del posto tanto che dovette cambiare ambiente.

Nel 1857 morì di morte violenta l’amato fratello Dante nel corso di una lite con il padre, in circostanze oscure.
Nel 1858 morì anche il padre, forse suicida, a causa del dolore per la perdita del figlio avvenuta l’anno prima.

Con decreto del 26 settembre 1860 venne incaricato dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Terenzo Mamiani a tenere la Cattedra di Eloquenza Italiana, in seguito chiamata Letteratura Italiana, presso l’Università di Bologna, dove rimase in carica sino al 1904.

Le lezioni che il Carducci tenne all’Università di Bologna divennero affollatissime, anche perché si narra che in tanti anni di insegnamento non ripetè mai la stessa lezione.
Divenne il più importante esponente della cultura italiana di quegli anni in Francia, Germania, Austria e Russia. Nel 1870 il Poeta venne colpito da un altro gravissimo lutto, perse il figlio Dante di soli tre anni di vita.

La figura di Dante fu immortalata dal Poeta nei celebri versi della poesia Pianto Antico.. Carducci fu uomo dal carattere riservato e ombroso.
L’ asprezza del carattere venne acuita dai gravi lutti che sconvolsero la vita del Poeta e soprattutto dal giogo del bere a cui il Vate non seppe opporsi e tanto meno liberarsi tanto che fu la causa principale della sua morte.

Carducci, infatti, morì il 16 febbraio del 1907 a causa di una grave forma di cirrosi epatica che già nel 1904 lo aveva costretto a lasciare l’insegnamento.

Le sue spoglie riposano nella Certosa di Bologna.

Dal punto di vista politico Carducci visse molto intensamente gli anni che prepararono e seguirono l’Unità d’Italia.
Dopo il 1861, morto il Cavour, egli ebbe l’impressione che la borghesia volesse rinunciare a realizzare la piena unificazione nazionale con Roma capitale, per cui si dichiarò apertamente democratico e repubblicano.
Nel 1868 venne trasferito d’ufficio alla cattedra di latino di Napoli, per aver professato le sue idee repubblicane, vicine alla sinistra mazziniana e anticlericale.
Il Carducci rifiutò il trasferimento e per tre mesi venne sospeso dall’insegnamento e dallo stipendio.
Le sue posizioni radicali si attenuarono dopo il 1874, con la scomparsa dalla scena politica dei maggiori esponenti della democrazia risorgimentale, quali Mazzini, Cattaneo e Guerrazzi.
Nel 1878 in occasione di una visita dei sovrani Umberto I e Margherita di Savoia a Bologna compose Ode alla Regina d’Italia in onore della regina.
Venne accusato dai vecchi amici della Sinistra mazziniana di aver abbandonato i suoi vecchi ideali giacobini e repubblicani e di essersi convertito alle idee monarchiche.
La svolta politica del Carducci venne sancita, nel 1878, dall’inizio della collaborazione con il giornale “Fanfulla della Domenica” di impronta filogovernativa. Nel 1890 venne nominato senatore del Regno e in quegli anni sostenne la politica del Crispi che era di stampo conservatore.
La tesi più accreditata per quanto riguarda il percorso massonico del Carducci vede il poeta iniziato nella loggia Severa di Bologna nel 1862.
Carducci rimase poco tempo nella loggia Severa.
Nel 1866 Carducci fu uno dei sette fondatori della loggia Felsinea di Bologna e in questa loggia raggiunse il grado di maestro.
Nel 1867 la loggia bolognese si ritirò dal Grande Oriente d’Italia che allora aveva sede a Firenze e si riunì al Gran Consiglio Simbolico di Milano.
Nel 1868 l’assemblea generale del Gran Consiglio dell’Ordine di Milano deliberò la fusione con il G.O.I.
Il rientro nel G.O.I. di alcuni dei fratelli transfughi non fu gradito; tra i non graditi vi era Giosuè Carducci e pertanto si interruppe la sua attività massonica ufficiale.
Solo nel 1886, su invito del Gran Maestro Lemmi, Carducci venne affiliato alla loggia Propaganda Massonica con sede a Roma.
Tale officina era stata istituita per dare affiliazione regolare a quei massoni che faticavano a frequentare i lavori nelle officine delle città di residenza.
Successivamente il Carducci fu investito del supremo grado 33 del Rito Scozzese Antico ed Accettato e chiamato a far parte del Supremo Consiglio dei 33.
Nel 1886 partecipò insieme ad Aurelio Saffi all’inaugurazione del Tempio della loggia VIII Agosto di Bologna e fu proclamato membro onorario dell’officina.
E’ importante ricordare che Carducci con la sua opera di persuasione avviò alla Massoneria un’altra figura importante della letteratura italiana : Giovanni Pascoli.
Il Pascoli, allievo del Carducci, fu affiliato alla loggia Rizzoli di Bologna il 22 settembre 1882 ma a differenza del Carducci il Pascoli non fece vita attiva di loggia.

Alla morte del poeta nel 1907, la salma fu rivestita delle insegne massoniche e la massoneria italiana partecipò compatta alle sue esequie.
L’affiliazione alla Liberia Muratoria e la condivisione dei principi massonici influenzarono l’attività letteraria del poeta.

L’opera nella quale è possibile rintracciare, in modo evidente, l’impronta del Carducci massone è L’Inno a Satana scritto nel 1863 ( cioè un anno dopo la sua iniziazione) e pubblicato nel 1865 con lo pseudonimo di Enotrio Romano.
Il satana presente nell’opera non ha nulla a che fare con quanto oggi si definisce satanismo.

Secondo il Carducci la cultura clericale, reazionaria e retriva, aveva classificato sotto il nome di Satana le semplici gioie della vita, la libertà di pensiero, la forza della ragione e la scienza ed il progresso.
Nel testo il poeta brinda a Satana quale emblema della libertà osteggiata da tutte le forme di dispotismo politico e religioso.

Satana più che mai vitale rappresenta la liberazione del pensiero umano attraverso la scienza ed il progresso ed è simboleggiato da una locomotiva in corsa.
Di fronte alle polemiche scatenate dalla sua opera il Poeta volle chiarire il suo intento in una lettera pubblicata sul giornale il Popolo nel 1869 : “Per i teocratici poi, mette conto ripeterlo? Satana è il pensiero che vola, Satana è la scienza sperimentata, Satana è il cuore che avvampa, Satana è la fronte su cui è scritto ‘Non mi abbasso’. Tutto ciò è satanico. Sataniche le rivoluzioni europee per uscire dal Medioevo che è il paradiso terrestre di quella gente; i comuni italiani, con Arnaldo, con Cola, con Burlamacchi; la riforma germanica che predica e scrive libertà; l’Olanda che la libertà incarna nel fatto; l’Inghilterra che la rivendica e la vendica; la Francia che l’allarga a tutti gli ordini, a tutti i popoli e ne fa la legge delle età nuove. Tutto ciò è satanico; colla libertà di coscienza e di culto, colla libertà di stampa, con il suffragio universale………..; Analizzando l’opera troviamo concezioni panteistiche in cui la Natura è intesa come forza primordiale.

Satana è il principio dell’esistenza e rispecchia l’antico Dioniso, dio della vita infinita e indistruttibile.
L’inno prosegue con la presentazione di alcuni monaci riformatori . Arnaldo da Brescia morto impiccato e bruciato nel 1155, l’eretico Wycliffe morto nel 1384 e considerato il precursore della riforma luterana, il frate domenicano Girolamo Savonarola anche lui impiccato ed arso nel 1498 e poi Martin Lutero capo della riforma religiosa in Germania.

Nella parte finale si trova la celebre esaltazione della macchina a vapore quale simbolo di progresso “ Un bello e orribile mostro si sferra, corre gli oceani e corre la terra” “ Salute, o Satana o ribellione o forza vindice de la ragione !”
In questi versi prevale la concezione della filosofia positivistica con Satana identificato con il progresso della Scienza quale forza vendicatrice della ragione che ha vinto ogni forma di oscurantismo e di dogmatismo del cristianesimo.

Non può pertanto sfuggire come quest’opera sia intrisa di concezioni massoniche. Traspare da ogni verso la visione laica della vita , la fiducia nel libero pensiero e nella ragione, il relativismo contrapposto al dogmatismo.
C’è un’altra opera del Carducci in cui è possibile individuare la simbologia massonica. La famosa poesia Davanti San Guido, scritta nel 1874 e contenuta nella Raccolta Rime Nuove. Secondo l’interpretazione ufficiale l’opera rappresenta la descrizione di un viaggio in treno del Poeta nei luoghi d’infanzia.

Sempre secondo l’interpretazione scolastica la vista del paesaggio suscita nel Carducci i ricordi più disparati ed un profondo senso di rimpianto per la fanciullezza ormai passata. Se analizziamo, però, i versi nel loro complesso possiamo desumere che il poeta sta compiendo un viaggio e tutta l’opera è una continua alternanza di visioni e sensazioni della vita reale e di una vita surreale, o meglio ideale, alla quale i cipressi richiamano il Vate.
 

C’è l’invito ad abbandonare la vita profana con le sue preoccupazioni e le sue passioni. L’invito all’abbandono delle passioni è rivolto da quei cipressi che sono in duplice filar ( come le due colonne del Tempio) che sono fedeli amici d’un tempo migliore ( cioè fratelli) e che dimani a mezzo giorno ( l’ora in cui gli apprendisti liberi muratori aprono i loro architettonici lavori) canteranno i cori che vanno eterni tra la terra ed il cielo ( cioè alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo).

I cipressi inoltre va da San Guido verso Bolgheri cioè verso Oriente.
E dalla cima del Poggio dov’è il Cimitero, cioè ad Oriente, discende la visione di nonna Lucia cioè della luce ( come il sole apparendo ad Oriente illumina la terra così il MV sedendo ad Oriente istruisce i Fratelli con il lume della propria scienza muratoria).
La nonna Lucia che è nel cimitero dei cipressi ( nel vostro cimitero) cioè all’Oriente Eterno.
E nella parte finale troviamo dei versi con un fortissimo significato allegorico, che possono rappresentare la giusta chiusura di questa tavola:

“ Ansimando fuggia la vaporiera,
Mentr’io così piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera Annitrendo correa lieta al rumore.
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.”

Noi massoni dobbiamo comportarci come i puledri che corrono dietro al treno, pronti a cogliere gli stimoli che provengono dall’esterno, sempre affamati di conoscenza e desiderosi di comprendere e capire il significato reale dei fenomeni.
Certamente non dobbiamo imitare l’asin bigio , tratteggiato dal poeta, che resta insensibile a ciò che lo circonda e che è completamente sottomesso alle passioni terrene.

R.:L.: Resurrezione 144 all’Oriente di Civitanova. È lo spirito che la anima.
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